“Come si cambia per non morire”, cantava Fiorella Mannoia negli anni ’80. “Come si cambia per non morire” nel 2019 può essere considerata la frase perfetta per descrivere il bipolarismo politico che affligge il Movimento 5 Stelle da quando è arrivato al governo. Oggi è la volta dello scontro con l’Ocse, che in un report diffuso stamane ha avuto l’adire di sottolineare che le misure economiche introdotte dal governo Lega-Movimento 5 Stelle – soprattutto quota 100 e reddito di cittadinanza – non daranno i risultati sperati e che, anzi, provocheranno un calo della già asfittica crescita dell’Italia, confermando la stima di un -0,2% del Pil per il 2019 e del +0,5% per il 2020, dunque ben al di sotto delle previsioni del governo.
All’allarme dell’Ocse, il vicepremier Luigi Di Maio ha risposto con un breve post su Facebook dichiarando, in poche parole, che l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico dovrebbe farsi i fatti propri: “Qualcuno seduto su una scrivania lontano migliaia di chilometri crede che l’Italia per ripartire debba attuare politiche di austerity? Bene, le facessero a casa loro. I nostri prossimi passi sono un abbassamento del carico fiscale alle imprese e un grande aiuto alle famiglie. No intromissioni, grazie. Sappiamo quello che stiamo facendo!”, ha scritto Di Maio.
Nonostante l’Ocse non sia né il primo né sarà l’ultimo organismo internazionale a sottolineare i pericoli per l’Italia, Di Maio ha replicato – come suo solito – cercando di delegittimare l’avvertimento senza entrare affatto nel merito della questione, cercando di fatto di rendere l’Ocse – descritta come un’organizzazione composta da grigi signori che redigono rapporti da migliaia di chilometri di distanza che non hanno titolo per parlare – un nemico agli occhi degli elettori del Movimento 5 Stelle e dei sostenitori del governo Conte.
Cosa scriveva Di Maio quando l’Ocse criticava il governo precedente
Ma che cosa scriveva Luigi Di Maio quando l’Ocse lanciava allarmi sull’economia italiana e a Palazzo Chigi non c’erano Lega e Movimento 5 Stelle ma l’odiato Pd con Matteo Renzi? Ovviamente su Facebook si trovavano post decisamente differenti, a quei tempi – era il 2014 – gli avvertimenti dell’Ocse per i pentastellati erano da considerare autorevoli moniti diffusi per aiutare il Paese a uscire dalla recessione o dalla stagnazione economica: “Chi crede che la crisi del lavoro e della produzione che sta attraversando l’Italia valga un po’ per tutti gli Stati (quindi non c’è da preoccuparsi), evidentemente si è lasciato abbindolare dalle parole di un Governo che nasconde la polvere sotto al tappeto, raccontando ai cittadini che va tutto bene. L’Italia è l’unica in calo dei paesi industrializzati, detto da quei gufi dell’Ocse. L’Italia deve ripartire”, si legge nell’incipit del post pubblicato proprio da Luigi Di Maio il 27 agosto del 2014.
E poi, ancora: “C’è tanto da fare sulle politiche economiche, dall’abolizione dell’Irap per le imprese fino al reddito di cittadinanza. Ma è un piano che non potrà mai attuarsi se al Governo resteranno coloro che negli ultimi anni non hanno mai preso le decisioni che potevano salvare milioni di posti di lavoro. Per far ripartire l’Italia dobbiamo prima di tutto mandare a casa le forze politiche che l’hanno distrutta in questi anni. Incluso Renzi, che è il Romolo Augustolo dell’era dei partiti. Ci abbiamo provato in tutti i modi a fargli fare qualcosa di buono: dalle centinaia di nostre proposte – sempre bocciate. Fino ai tavoli di dialogo – in cui hanno rivelato ancora una volta la loro fedeltà a Berlusconi. Ormai è evidente che chi ci ha rovinato non potrà farci ripartire. A chi non vuole capirlo auguro buona fortuna”.
Insomma, quando a Palazzo Chigi c’era il governo precedente gli allarmi dell’Ocse erano tenuti in grande considerazione dal Movimento 5 Stelle e da Luigi Di Maio. Ora, invece, a distanza di 5 anni, l’organizzazione internazionale sembra essere diventata una sorta di impersonificazione del gufo e rosicone che si permette di rilevare le storture che provocherà la manovra finanziaria varata pochi mesi fa dall’Italia, un organismo che non dovrebbe intromettersi nelle beghe e nelle politiche economiche di un Paese. Ah, “come si cambia per non morire”, cantava Fiorella Mannoia.