Attualità

Ghali e l’ignoranza dei superficiali in buona fede

Leggo con un po’ di dispiacere la polemica che si è scatenata su Ghali per la sua presa di posizione contro il BlackFace a Tale e Quale Show. Provo del dispiacere nel leggere le reazioni perché vedo che non è stata colta l’essenza del discorso di Ghali, che secondo me esula dalla pura e semplice diatriba sul programma ed esprime un concetto molto più ampio di quanto interpretato da tanti. Un concetto di società che si evolve, di società in grado di ascoltare gli altri, inclusiva, che prenda in considerazione le diverse sfumature di sensibilità senza considerarle rotture di palle. Una società che rifugga la superficialità ed elevi l’approfondimento e la conoscenza a valore fondante.

Non parlerò di BlackFace e del suo significato, non credo di essere titolata a farlo né di avere le competenze e il vissuto adeguato per affrontare questo tema. Vorrei però parlare del concetto espresso da Ghali, di quella manifesta ignoranza a cui spesso non badiamo perché convinti di essere in buona fede e che brandiamo come un’arma affilata senza nemmeno renderci conto di quanto quell’arma sia pericolosa. Per superficialità, mancanza di sensibilità, di empatia, di voglia di approfondire.

Ghali lo dice chiaramente, eppure il punto davvero focale del suo discorso non è stato colto. “Potete dire che esagero, che mi devo fare una risata e che non si vuole offendere nessuno, lo capisco. Ma per offendere qualcuno basta semplicemente essere ignoranti, non bisogna per forza essere cattivi o guidati dall’odio, scrive. È chiaro. A me è molto chiaro. L’ho sperimentato in prima persona sedendomi, in momenti diversi della mia vita, in entrambi i lati della barricata, come persona che non ha colto il disagio altrui e come persona che invece a un certo punto ha subito questa mancanza di sensibilità.

Molto spesso ci dimentichiamo dell’esistenza dei sentimenti degli altri. Dimentichiamo che una battuta o un’azione che a noi possono sembrare normali, non offensive, banali, per qualcun’altro invece sono motivo di profondo disagio. E quel qualcuno ha tutto il diritto di dirlo, di farlo notare. Ha tutto il diritto di esprimere il disagio che prova, di spiegarne il perché e di chiedere rispetto.

Ecco, quel che ho notato è che il significato più profondo del discorso di Ghali non è stato compreso e anzi il suo messaggio è stato strumentalizzato per farlo passare da pesantone e finanche da ipocrita, per creare l’ennesima polemica social e mediatica. Anziché avviare una riflessione, si è preferito estremizzare le sue dichiarazioni nel tentativo di sfruttarlo per riempire qualche slot del calendario editoriale, condendo la polemica con uno spruzzo di velato giudizio sull’esagerazione di quello sfogo, ponendo al centro del racconto la buona fede di chi lavora a Tale e Quale Show e la mancanza di intenzione denigratoria nell’imitazione di un’artista.  Se io faccio o dico qualcosa in buona fede, non ho sbagliato. In tanti la pensano così, dimenticando che invece non basta pensare di essere in buona fede per essere corretti o per non fare del male. A volte basta essere estremamente superficiali. E sono tante, le persone che iniziano a capire quanto dannosa sia questa mancanza di sensibilità travestita da buona fede quando si ritrovano, per un motivo o per l’altro, a farne le spese.

La buona fede implicherebbe quantomeno l’essere predisposti ad ascoltare le ragioni di chi si sente offeso da un’azione o da una definizione e cercare di comprendere il perché, attivare un confronto,  La buona fede implicherebbe l’essere pronti a prendere in considerazione la sensibilità di una persona che ti sta facendo notare che quel comportamento lo mette a disagio per una serie di motivi.

Non è sintomo di buona fede arroccarsi nella propria torre d’avorio respingendo ogni critica, bollando chi la muove come pensantone o radical chic, con la convinzione che chi si sente in qualche modo offeso o discriminato sia un folle che ha tempo da perdere. Quel che non offende te, può offendere qualcun’altro. E viceversa. E l’ignoranza di chi non è disposto ad approfondire e a mettersi nei panni dell’altro per capire le ragioni di chi si sente discriminato è pericolosa, molto più pericolosa dell’odio proprio perché ammantata di buona fede.

E’ pericolosa perché produce una società arroccata sulle proprie posizioni che non prende minimamente in considerazione un modello di società basata sul rispetto reciproco, su un’idea di società inclusiva e attenta alle diversità, che veda nella diversità di idee, di visioni, di funzionamenti una ricchezza e non un problema. Vedere quanto il cuore del discorso di Ghali non sia stato colto e quanto sia stato invece strumentalizzato per creare l’ennesima polemica per nutrire le solite tifoserie contrapposte è davvero sconcertante. 

 

 

 

 

Charlotte Matteini

Mi chiamo Charlotte Matteini, sono nata il 30 dicembre del 1987 e tra pochi mesi compirò *enta anni. Sono laureata in una materia piuttosto bistrattata: comunicazione politica. Ho un passato da consulente, professione mollata per seguire la mia vera passione: il giornalismo. Sono ufficialmente giornalista dal 2016, ufficiosamente dal 2011, e mi occupo di politica interna e polemiche assortite.

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1 commento

  1. cesare dice:

    bell’articolo anche se non lo condivido per nulla.
    Tale e quale show a questa tipologia di format. pertanto gli ABBA avranno un trucco chiarissimo Rod Steward rosso … e Aritha Franklin ovviamente sarà di colore. Non trovo nessun tipo di razziso odio o quant’altro in quella trasmissione. Diverso invece chi più o meno velatamente postava sui social l asua preferenza per Ultimo rispetto a Mamhoud al penultimo Festival di Sanremo

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