Attualità

Beppe Sala e l’ignavia di una classe politica che persevera negli stessi errori

Sbagliare è umano, perseverare è diabolico. A quanto pare il sindaco di Milano, Beppe Sala, ignora questo antico detto e si accinge a sbagliare nuovamente, mettendo in serio pericolo la città che governa. Non ha imparato alcunché dalla lezione di febbraio e dalla prima ondata di Coronavirus quando, senza rendersi conto del pericolo che incombeva su Milano e la Lombardia, si prodigava a organizzare aperitivi per chiedere ai cittadini di continuare a vivere normalmente e sponsorizzare l’assurda campagna “Milano non si ferma”.

Siamo a ottobre e otto mesi dopo il grande scivolone, cui sono seguiti tanti altri grandi scivoloni nel corso dell’estate, Beppe Sala sembra intenzionato a commettere gli stessi identici errori di inizio pandemia, senza però questa volta aver più a disposizione la scusa che tutti a febbraio hanno sfoderato: “Non avevo capito la gravità della situazione”. Ma otto mesi dopo, la gravità della situazione dovrebbe essere ben chiara, l’evoluzione della curva epidemica ben comprensibile. Che la situazione sia fuori controllo è un dato di fatto e che Milano, insieme a Napoli, siano le città dove il virus circola in maniera più violenta rispetto ad altre zone d’Italia è lampante.

Nonostante le evidenze ci siano tutte, nonostante numerosi scienziati chiedano da giorni il lockdown per queste città – addirittura il professor Bassetti, che non è certo annoverabile tra gli allarmisti – Sala sembra non voglia arrendersi alla realtà dei fatti. In un video pubblicato questa mattina, il sindaco di Milano ha dichiarato di aver sentito il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, e di aver scritto una lettera al ministro della Salute Roberto Speranza per chiedere conto della richiesta di lockdown avanzata dal professor Walter Ricciardi, consulente del ministero retto da Speranza.

Nel video, Sala sostiene di non vedere una situazione così fuori controllo come descritta dagli scienziati e di voler aspettare per vedere se le misure introdotte con l’ultimo Dpcm e con l’ordinanza della Regione Lombardia avranno effetto. Quel che Sala ignora, evidentemente, è la modalità di crescita della curva epidemica, che oltre una certa soglia diventa di fatto incontrollabile: quando il virus circola su tutto il territorio in maniera così violenta, il lockdown è l’amara opzione che si rende necessaria. Gli ospedali e i pronto soccorso milanesi sono al collasso, il sistema sanitario sta saltando per aria. Come a marzo, esattamente come a marzo.

Nonostante questa seconda ondata sia un film già visto e dal finale già noto, Sala come a marzo resta abbarbiccato alle sue posizioni e sfodera la carta dell’attendismo. Ma l’attendismo con il virus non funziona, l’attendismo è proprio l’asso nella manica di un virus che corre e circola incontrastato anche grazie all’ignavia della classe politica che pensa di poterlo gestire come gestisce normalmente le incombenze quotidiane. Come a marzo, nessuno vuole assumersi responsabilità politiche. Come a marzo, nessuno vuole prendere l’impopolare decisione che va assunta. Come a marzo, per mero calcolo politico si assiste al rimpallo di responsabilità tra Comune, Regione e Governo, perdendo tempo prezioso di fronte a un virus che ha già un vantaggio non indifferente in termini di circolazione.

L’odierno bollettino dei contagi altro non è che la fotografia della situazione epidemiologica di 10-15 giorni fa, aspettare ancora significa concedergli un ulteriore deleterio vantaggio. Se c’è una cosa nota in tutto il mondo, è che il fattore tempo in un’epidemia è fondamentale. Perderlo e concedere vantaggio a un virus che circola insistentemente esporrà solamente i territori più colpiti a misure di contenimento più drastiche e di durata più lunga, spingendo peraltro l’intero Paese alla stessa sorte.

Se si fosse agito un mese fa, quando la tendenza della curva era purtroppo già chiara, le restrizioni avrebbero potuto essere molto più miti. Un mese fa, invece, Beppe Sala continuava a condurre la sua cieca battaglia contro lo smart working e a ignorare quella bomba biologica che sono i trasporti pubblici milanesi e lombardi che ogni giorno spostano quà e là milioni di lavoratori e di pendolari tutti ammassati. Un mese fa avremmo potuto cavarcela con l’obbligo di smart working per tutti i dipendenti che possono svolgere il proprio lavoro da remoto, la didattica a distanza per studenti delle superiori e universitari, qualche mite stretta ulteriore agli assembramenti.

L’attendismo di Sala, del Governo e della Regione, invece, ci sta costringendo a subire un ineluttabile nuovo lockdown, lockdown che è responsabilità di chi ha scelto di non agire per tempo. Perché, mi spiace dover recitare il solito ruolo di Madame Lapalisse, ma è inutile chiudere i bar e i ristoranti alle ore 18.00 e mettere il coprifuoco tra le 23.00 e le 5.00 del mattino se dalle 5.00 del mattino a sera i mezzi pubblici continuano a circolare nel pietoso stato che vediamo tutti i giorni e milioni di lavoratori e studenti ogni giorno si spostano sul territorio. Per Milano, ormai, le restrizioni del Dpcm, arrivate peraltro in grave ritardo, sono acqua fresca.

Regioni e Comuni hanno voluto a tutti i costi l’aumento della capienza all’80% nonostante il Cts avesse più volte dichiarato che non fosse sicura, non se la prendano ora con gli scienziati  che chiedono a gran voce il lockdown per le zone più colpite per le scelte deleterie che la classe politica ha scientementeassunto contro ogni evidenza scientifica. Questi non sono altro che i tangibili risultati dell’azione di una classe politica guidata dalla brama di consenso elettorale, che non è in grado di guardare più in là del proprio naso e che con senso di onnipotenza ha pensato di annientare un virus pandemico semplicemente sperando fosse tutto finito, nascondendo la testa sotto la sabbia.

Foto in copertina: Duomo di Milano, Wikimedia commons

 

 

 

Charlotte Matteini

Mi chiamo Charlotte Matteini, sono nata il 30 dicembre del 1987 e tra pochi mesi compirò *enta anni. Sono laureata in una materia piuttosto bistrattata: comunicazione politica. Ho un passato da consulente, professione mollata per seguire la mia vera passione: il giornalismo. Sono ufficialmente giornalista dal 2016, ufficiosamente dal 2011, e mi occupo di politica interna e polemiche assortite.

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1 commento

  1. Anonimo dice:

    esattamente come hai scritto

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