Attualità

Il bullismo e quei genitori che sminuiscono e minimizzano

Di bullismo in Italia si parla troppo poco e sempre meno. Gli episodi più o meno cruenti sono all’ordine del giorno, a volte finiscono su giornali, sempre più spesso vengono invece celati dietro una spessa coltre di silenzio omertoso. Come nel caso degli stupri, i dati in possesso delle autorità sono piuttosto aleatori perché molto spesso si preferisce tacere ed evitare di denunciare. Le vittime hanno paura di ritorsioni o si vergognano, i genitori delle vittime preferiscono tentare altre vie prima di ricorrere alla denuncia, i genitori dei bulli molto, anzi troppo spesso tendono a minimizzare e difendere i piccoli carnefici, mentre gli insegnanti raramente prendono di petto la situazione.

Scrivo questa sera di bullismo perché per caso mi è capitato un articolo di cronaca che mi ha molto colpito e ispirato. La vicenda ha avuto luogo a Desio, in provincia di Monza. Un gruppo di ragazzini ha bullizzato un coetaneo e ripreso le vessazioni con uno smartphone, diffondendo poi il video tra i vari compagni di scuola. Scrive il quotidiano Il Giorno:

Le vessazioni, fino all’umiliazione finale ripresa con un telefonino, sono andate in scena in pieno giorno e in pieno centro, incuranti dei passanti. Spinte, calci, insulti. Le scarpe tolte e lanciate. Le ginocchia sulla schiena, per bloccare il 12enne a terra. Botte e prese in giro, a ritmo di musica alta. Tre i protagonisti principali, due (compresa una ragazza) più passivi, attenti a godersi l’assurdo spettacolo.

Una volta venuto allo scoperto l’episodio, però, tutti gli attori in gioco – dai ragazzini ai genitori – hanno sminuito gli eventi sostenendo non fosse un atto bullismo, ma solamente un gioco innocente. “Stavamo giocando, non volevamo fare male a nessuno, siamo tutti della stessa compagnia”, hanno spiegato i ragazzini ai carabinieri. “Solo un gioco tra ragazzini. Niente di grave, non sono teppisti, non è una baby gang”, ha confermato una delle mamme. E i genitori dell’adolescente bullizzato? Hanno preferito non sporgere denuncia.

Un caso isolato? No, purtroppo no. Sono moltissimi gli adolescenti che subiscono atti di bullismo e non ne parlano. Per paura, per vergogna, perché convinti che la vicenda sarà irrimediabilmente ridimensionata e bollata come ragazzata. Quel “non hanno fatto nulla di grave” e quel “è solo un gioco da ragazzini” sono frasi emblematiche, fanno parte di un copione ormai ben collaudato.

Chiunque abbia subito atti di bullismo nel corso della propria adolescenza sa che il terreno fertile che dà modo al fenomeno di crescere indisturbato è proprio l’indifferenza. L’indifferenza dei compagni che pur vedendo non intervengono, l’indifferenza degli insegnanti che non prendono la situazione di petto, l’indifferenza di molti genitori che non sanno come agire e preferiscono chiudere gli occhi di fronte all’evidenza.

Il bullismo non è una ragazzata, di bullismo si può morire. Non può essere né ignorato né minimizzato, è e rimane un atto ignobile anche se compiuto da un ragazzino, atto ignobile che sopravvive grazie all’indifferenza e che per questo motivo va contrastato con fermezza, non sottaciuto nella speranza che passi.

“Passerà, è solamente un periodo della vita che va affrontato e prima o poi finirà”, lo si dice spesso. Il problema è che non passeranno mai, questi danni irreversibili ignorati causati dal bullismo subito durante l’infanzia e l’adolescenza. Il bullismo distrugge l’autostima, altera la percezione che l’individuo ha di se stesso, provoca traumi che se irrisolti perché ignorati portano la persona ad autodistruggersi nel corso del tempo, piano piano, scientemente, deliberatamente.

Ma quei danni rimarranno sempre lí, nonostante nel corso del tempo si sarà portati a credere sia possibile seppellirli in qualche recondito meandro della propria psiche, saranno pronti a tornare alla luce nei momenti meno opportuni, violentemente.

Esattamente come per la cultura dello stupro, anche per contrastare il bullismo ci vorrebbero una maggiore educazione e una maggiore consapevolezza. Maggiore educazione da parte delle famiglie, che dovrebbero impegnarsi da un lato a insegnare ai propri figli che le prese in giro – qualsiasi tipo di presa in giro – e le violenze non sono ragazzate prive di rischi e dall’altro a non voltarsi dall’altra parte quando vengono a conoscenza del fenomeno.

 

Charlotte Matteini

Mi chiamo Charlotte Matteini, sono nata il 30 dicembre del 1987 e tra pochi mesi compirò *enta anni. Sono laureata in una materia piuttosto bistrattata: comunicazione politica. Ho un passato da consulente, professione mollata per seguire la mia vera passione: il giornalismo. Sono ufficialmente giornalista dal 2016, ufficiosamente dal 2011, e mi occupo di politica interna e polemiche assortite.

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1 commento

  1. Salve, io personalmente credo che la “cultura del bullismo” sia fortemente radicata nella società. Dando una rapida occhiata al mio passato ed alle persone che ho avuto modo di incrociare, avere in sè anche una piccola percentuale di questa cultura significa essere più a proprio agio con quelle persone che ci circondano. Personalmente sono stato vittima di bullismo da ragazzino, ma anche rivedendo i miei anni al liceo, o anche ora all’università, noto che in realtà non molto è cambiato, presentandosi (sembre il bullismo) comunque in maniera più subdola, mediata, filtrata.

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